Storia di Bussana

Le più antiche testimonianze relative alla frequentazione umana nel territorio di Bussana sono collocabili ad una fase antica del Paleolitico medio (Würm I) compresa all’incirca tra gli 80.000 e i 60.000 anni fa.
Grotta dell'ArmaGli scogli sotto la grottaIl principale sito preistorico che documenta tale presenza umana è costituito dalla Grotta della Madonna dell’Arma, detta anche Nostra Signora Annunziata dell’Alma, costituita da una galleria orientata con asse nord-sud della lunghezza complessiva di circa 55 metri con uno sviluppo di stretti cunicoli che supera i cento metri ed una superficie attuale di circa 350 metri quadrati, situata sul piccolo promontorio che rappresenta l’estrema punta meridionale della collina dei «Castelletti».

La storia di Bussana, dal paleolitico all'era preromana e romana fino alle invasioni barbariche seguono paritariamente quella di Sanremo. (c.f.r Storia di Sanremo parti 1, 2, 3)

Dopo la definitiva sconfitta dei Saraceni tra il 975 e il 980 si verificò una generale ripresa delle attività economiche congiunta ad un vivo desiderio di pace e di aiuto reciproco che portarono, intorno all’anno Mille, all’esigenza di possedere stabilmente la terra per dedicarsi alla pastorizia e all’agricoltura.

Fu così che nel 979 ventinove famiglie residenti nella zona di Sanremo e di Bussana chiesero ed ottennero dal vescovo di Genova Teodolfo la concessione in affitto di un’estesa area coltivabile, dopodiché la popolazione bussanese aumentò considerevolmente e si costruirono le prime case, non però sparse e nascoste nella Valle Armea, ma verso la cima di una collinetta rocciosa, dove il signore feudale della zona, un rappresentante dei conti di Ventimiglia, aveva eretto un castello intorno alla metà dell’XI secolo, quando crebbero di numero le case costruite attorno al maniero e gli abitanti del paese iniziarono a convivere in stretta unione anche per difendersi più facilmente da eventuali attacchi esterni.

Il primo documento in cui è attestato il nome di Buzana risale invece al 1140, quando il Comune di Genova promise ai marchesi di Savona metà Vessillo della Repubblica di Genovadel paese quale premio per l’aiuto prestato nella guerra contro i conti di Ventimiglia. Tredici anni dopo ritroviamo un’altra citazione del borgo nella delega concessa dal vescovo di Albenga ad Anselmo de Quadraginta per la riscossione delle decime nel territorio sottoposto alla giurisdizione del presule ingauno, che aveva difficoltà a riscuotere le imposte nei paesi più lontani e remoti come Bussana, sul quale tuttavia Anselmo non estese il suo controllo e il borgo rimase quindi in possesso dei conti di Ventimiglia.

Verso la metà del XIII secolo gli eredi dei conti, non potendo più esercitare il loro dominio effettivo sui molti paesi dell’estrema Liguria occidentale ancora formalmente in loro possesso, decisero di vendere i loro diritti su questi borghi alla Repubblica di Genova, che ambiva ad estendere la sua giurisdizione anche su questo lembo del territorio ligure.

Il 24 novembre 1259 la figlia del conte Oberto, Veirana, vendette così al Comune genovese la propria parte di Bussana ed Arma, mentre due mesi dopo, il 21 febbraio 1260, anche suo fratello Bonifacio cedette al nobile genovese Ianella Avvocato, la sua parte di eredità, consistente nell’altra metà di Bussana ed Arma e nei paesi di Triora e Castelvittorio per la somma complessiva di 3000 lire, la quale sarebbe poi stata venduta da Avvocato al Comune di Genova il 4 marzo 1261.
Con questa storica cessione terminò dunque per Bussana il periodo feudale dei conti di Ventimiglia ed iniziò quello di appartenenza alla Repubblica di Genova, a cui sarebbe rimasta legata sia a livello politico che amministrativo sino alla fine del Settecento.


Panorama di Bussana vecchiaNel corso del XIII secolo la zona litoranea compresa tra il torrente Armea e la Grotta dell’Arma andò gradualmente ripopolandosi, come si può evincere dai giuramenti di fedeltà al Comune di Genova del 1260-61, grazie anche alla particolare fertilità di quelle terre, le più ubertose di tutto il territorio bussanese, che erano irrigabili con l’acqua del torrente incanalata in appositi beodi, la quale, oltre all’irrigazione degli orti, serviva ad azionare le ruote dei mulini da grano e dei primi frantoi da olive già esistenti lungo le sponde dell’Armea.

Questo ritorno dei Bussanesi sulla fascia costiera ebbe però breve durata perché già nel 1270 le forze militari genovesi, durante una serie di lotte intestine tra fazioni avverse, portarono nuovamente il terrore e la morte tra quegli abitanti accusati di aver ospitato alcuni uomini considerati ribelli dal governo della Repubblica, cosicché la costa armese tornò ad essere praticamente disabitata.

Riprese allora lo sviluppo del paese in alto, ma l’abbandono della costa divenne oggetto delle attenzioni degli abitanti di Taggia, che aspiravano Bussana vecchia dal'altoad estendere il loro dominio in quella zona portando a nuovi litigi e vertenze con i Bussanesi.

Durante un tentativo di mettere pace tra Bussana e Taggia nel 1357, le popolazioni, in una solenne adunanza, decisero la fusione dei due paesi in una sola comunità, la cui istituzione venne approvata quasi all’unanimità anche per l’assenza di molti Bussanesi.



Panorama di TaggiaLa nuova entità amministrativa fu allora fornita di appositi Statuti, che, già approvati per Taggia nel 1381, furono adattati alle nuove esigenze.
In base a queste disposizioni il Comune sarebbe stato retto da quattro Anziani (tre di Taggia e uno di Bussana), i quali, con le altre autorità cittadine, formavano il Consiglio comunale, presieduto da un podestà genovese, al quale veniva inoltre affidata, come negli altri centri, l’amministrazione della giustizia.
Però, dopo circa settant’anni di unione con Taggia, i Bussanesi chiesero alla fine la separazione dei due comuni al governo genovese, che la concesse nel 1428.

Al paese di Bussana Genova concesse di reggersi con semplici norme amministrative, riguardanti soprattutto l’agricoltura e il pascolo, che prevedevano anche le pene pecuniarie per i trasgressori, mentre la popolazione eleggeva annualmente quattro Anziani che applicavano quanto era stato stabilito dal Parlamento, una sorta di adunanza dei capifamiglia, e due consoli avevano invece l’incarico di amministrare la giustizia comminando le pene previste dalle leggi vigenti.

Durante il XVI e il XVII secolo si registrò un consistente incremento demografico con conseguente necessità di costruire nuove case e nuove arterie stradali per soddisfare le accresciute esigenze commerciali ed economiche.

« Dai catasti e dai censimenti dei beni dell’epoca si possono inoltre ricavare i tipi di prodotti maggiormente coltivati e consumati dai Bussanesi, tra i quali spiccavano il grano, l’orzo e la segala, mentre alcuni mulini, due nella regione Lunaire e altri due nella regione ancora oggi chiamata «Molini», provvedevano alla trasformazione del grano in farina. Anche la produzione di pane, realizzata da appositi mugnai, era sottoposta ad un rigido controllo da parte delle autorità comunali, che dettavano precise norme per il buon andamento della produzione di questo prodotto alla base dell’alimentazione della popolazione. Molto importante era anche la coltivazione degli alberi da fico, diffusi in tutte le campagne e protetti dalle leggi comunali del paese, le cui varie qualità consentivano la presenza del frutto fresco per diversi mesi. Il prodotto in eccedenza veniva seccato sui graticci, le cosiddette «vizze», e conservato fino al periodo invernale-primaverile nei «garocci», dei contenitori in legno costruiti per il trasporto dell’uva e utilizzati soltanto durante i giorni della vendemmia e quindi disponbili per altri usi nei mesi invernali. Scarsi erano invece i legumi e gli ortaggi per via delle difficoltà delle annaffiature estive, più diffuse le coltivazioni di ceci, fave, piselli, cavoli, rape, zucche, bietola, aglio, cipolle, melanzane e carciofi, particolarmente rinomato il vino locale, aromato ed alcoolico, insignificante la produzione di castagne, mentre più abbondante risultava quella delle olive, dalle quali si ricavava una discreta quantità di olio, appena sufficiente tuttavia per il fabbisogno degli abitanti del paese. Secondo i dati del censimento effettuato dalle autorità genovesi nel 1531 risulta inoltre che a Bussana abitavano 91 uomini tra i 17 e i 70 anni, tutti dediti all’agricoltura, mentre la popolazione complessiva era di cento famiglie con 370 persone, che possedevano 15 buoi e 70 capre con il raccolto del frumento e di altre biade che poteva bastare per tre mesi, il vino per sei, l’olio per quattro i fichi per sei. I catasti successivi sono ricchi di altre indicazioni relative ai toponimi, alle persone e ai prodotti, ma poveri di dati concernenti la quantità dei prodotti medesimi, dai quali si può tuttavia desumere come la situazione produttiva dell’economia bussanese sia praticamente rimasta invariata per secoli, aumentando leggermente con la popolazione, che fu pertanto sempre costretta a dedicarsi alle attività rurali per garantirsi una seppur modesta e onesta sopravvivenza ».

Nel secolo XVII migliorò ulteriormente la situazione socio-economica del paese, come attestato dall’aumento demografico e dal contemporaneo sviluppo edilizio, dovuto sia all’incremento del numero delle abitazioni che alla costruzione di un nuovo oratorio e all’ingrandimento e ristrutturazione della parrocchiale.
Tale miglioramento appare pure confermato dalla fondazione di numerose cappellanìe con lasciti a favore di eredi da parte delle famiglie più abbienti del borgo, come i Torre, i Soleri, i Cappone, i De Bernardis e i Bianchi.

Non mancarono tuttavia in quel periodo neanche le incursioni e i saccheggi da parte di bande di pirati, soprattutto barbareschi, che nel corso Flotta saracena, disegno allegoricodel XVI secolo sbarcarono quasi annualmente sulle nostre coste catturando centinaia di prigionieri, saccheggiando le case e devastando tutto quanto incontravano sul loro cammino. Fortunatamente da queste violenze si salvò il paese di Bussana grazie alla sua povertà di mezzi, di mobili e viveri, oltreché per le sue buone difese naturali e umane, anche se le sue campagne furono talvolta danneggiate dalle razzie barbaresche, per la cui segnalazione venne anche costruita nel 1565 la fortezza quadrangolare di Bussana, che tuttavia rimase inutilizzata nei secoli successivi per la fine degli attacchi dei corsari.

Scena di guerra tra Genova e il Ducato d SavoiaNel corso del Seicento il territorio bussanese dovette inoltre patire le conseguenze delle due guerre del 1625 e del 1672 tra la Repubblica di Genova e il Ducato di Savoia, durante le quali la comunità fu costretta a fornire viveri, legna e paglia ai soldati sabaudi, che costrinsero anche i Bussanesi ad estenuanti lavori campestri per provvedere al loro sostentamento. Tali conflitti non sembra però che abbiano arrecato gravi danni alle strutture dell’abitato, che anzi venne ulteriormente fortificato tramite la costruzione di muri esterni delle case periferiche, utilizzate come mura in caso di attacco con armi, una eventualità che non si sarebbe tuttavia mai verificata nella storia del paese.




Durante il secolo XVIII anche Bussana venne coinvolta nella guerra di Successione austriaca, a cui prese parte la Repubblica di Genova, dovendo sopportare in particolare i frequenti passaggi di truppe franco-spagnole, le quali tuttavia introdussero due importantissimi prodotti agricoli che avrebbero avuto in seguito una notevole importanza nella vita dei paesi dell’entroterra ligure: il pomodoro e la patata, che vennero da allora coltivate anche dai contadini bussanesi con enormi vantaggi per il sostentamento della popolazione, soprattutto nei periodi di carestia e siccità.

Cavalleria franceseIntanto dalla vicina Francia, dove si recavano spesso molti Bussanesi in cerca di lavoro, iniziavano a diffondersi anche nell’estremo Ponente le idee rivoluzionarie, destinate a sconvolgere la vita politica e sociale della Liguria occidentale, come del resto d’Italia, quando la diffusione dell’ideologia giacobina mise in crisi « l’ancien régime » e con esso tutta la tradizionale struttura del potere oligarchico, portando alla caduta dell’antico governo e alla istituzione della nuova Repubblica Ligure nel 1797.



Anche a Bussana si fecero sentire gli effetti di questa rivoluzione e le autorità locali, Consoli e Anziani, non vennero più eletti democraticamente dal popolo, ma imposti dall’alto con la nomina governativa dei componenti della Municipalità.

Armata franceseDopo l’annessione della Liguria all’Impero francese nel 1805, numerosi giovani bussanesi furono chiamati alle armi per servire la Francia nelle varie campagne napoleoniche, cosicché molte famiglie rimasero prive di braccia lavorative, allora indispensabili per i lavori campestri.

Papa Pio VIIDa qui crebbe l’ostilità contro Napoleone, che si manifestò in tutta la sua pienezza quando, alla caduta dell’imperatore, papa Pio VII, nel suo viaggio di ritorno da Roma da Fontainebleau, ricevette proprio a Bussana un’accoglienza trionfale con la popolazione che fece a gara per poter portare a spalla la portantina del pontefice, che, secondo la tradizione, avrebbe sostato a Villa Spinola (allora Lercari), dove gli venne pure offerto un assaggio del celebre vino moscatello del luogo.

I festeggiamenti in onore del papa denotano tra l’altro la delusione e la stanchezza del popolo nei confronti delle speranze nutrite nel corso del periodo napoleonico, tanto che furono accolti con sollievo la caduta della dominazione francese, la breve restaurazione della Repubblica di Genova e la successiva annessione della Liguria al Regno di Sardegna nel 1815.

Nei primi decenni dell’Ottocento anche i Bussanesi, che erano rimasti per secoli chiusi all’interno della loro ristretta cerchia di mura, cercarono delle fonti alternative di guadagno avviando commerci di vino e olio o dedicandosi alle attività artigianali nelle vicine città della Provenza.
Tale dinamismo economico portò la popolazione bussanese ad un discreto livello di prosperità, che non aveva avuto precedenti nella storia del paese.

Panorama di Bussana VecchiaNon mancarono tuttavia nemmeno in quegli anni dei disastri naturali come il terremoto del 26 maggio 1831, che causò il crollo di 24 case, della chiesetta di Sant’Erasmo e il grave danneggiamento della volta della parrocchiale, mentre fortunatamente non si registrarono vittime, ma soltanto due donne ferite. Un altro sisma, seppur meno violento del precedente, colpì il paese nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1854, quando cadde l’ultimo tratto della torre sul castello e una parte di quella più solida presso la casa di Marco Antonio Della Torre all’inizio di via Rocche, e perì un ragazzo travolto dal crollo di un muro.

Anche questa volta tuttavia il borgo si riprese velocemente dalle conseguenze del terremoto, come attestano la grandiosa opera di conduzione dell’acqua potabile nell’abitato e, poco tempo dopo, la costruzione della strada carrettabile, che collegava il paese alla via litoranea. Questa importante opera pubblica, imposta ed eseguita dal Genio Civile a spese della popolazione bussanese, avrebbe arrecato molti vantaggi negli anni successivi, ma sul momento creò qualche disagio in quanto, fino ad allora, Bussana era collegata con le altre località tramite la mulattiera della Bauda verso levante (Pozzi-Taggia) e quella del Vallao verso ponente (valle Armea, Poggio e Sanremo), mentre con la costruzione della nuova strada l’uscita verso sud divenne subito la principale, servendo non solo per coloro che possedevano terreni a capo Marine, ma anche per tutti quelli che si recavano fuori del paese valorizzando in tal modo i terreni confinanti.
La contemporanea costruzione della linea ferroviaria e l’ulteriore miglioramento della strada litoranea carrozzabile, dove cominciavano a transitare i primi mezzi pubblici, aprirono nuovi collegamenti con i paesi limitrofi incentivando lo spostamento delle persone e l’incremento delle attività commerciali.


Era da poco iniziata questa fase di intenso sviluppo così positiva e portatrice di rinnovate speranze per il rilancio economico e sociale del paese che Bussana venne colpita in pieno dal catastrofico terremoto del 23 febbraio 1887, il quale avrebbe cambiato per sempre la storia del piccolo centro ponendo le basi per la sua ricostruzione nei pressi della costa.

Accampamenti post terremotoNel corso del violentissimo sisma, la cui prima scossa si verificò alle ore 6:21 antimeridiane, seguita da un’altra alle 6:30 circa, le case della parte alta del paese denominata «Rocche», già duramente provate nei terremoti precedenti, caddero quasi tutte. Particolarmente dannoso risultò il crollo dei muri di quelle presso l’unica strada che dalla piazza della chiesa conduceva alla parte alta dell’abitato, dove le persone che vi abitavano rimasero intrappolate subendo gravissime perdite non avendo trovato praticamente nessuna via d’uscita.
Nel corso della prima scossa, come era successo a Baiardo, crollò la volta della chiesa, dove molti fedeli assistevano alle funzioni religiose, ma per fortuna la volta resistette, sia pur con gravi danni, alla prima scossa ondulatoria, tanto che il popolo, dietro il consiglio del parroco don Francesco Lombardi che prontamente urlò: «Salvatevi nelle cappelle!», ebbe il tempo di raggiungere gli altari laterali, che erano protetti da robuste arcate.

Pochi minuti dopo la seconda scossa sussultoria provocò il crollo totale della volta, che sprofondò di schianto travolgendo le cinque persone rimaste tra le quali due ragazze riuscirono a salvarsi riparandosi sotto le robuste panche. Anche nella parte bassa del paese, dalla chiesa verso sud, il quartiere detto delle «Fascette», molte case rimasero lesionate dal sisma con caduta di soffitti e pavimenti senza tuttavia causare vittime tra gli abitanti che si diedero ad una rapida fuga tranne una donna che rimase uccisa dalle macerie.
Bussana Vecchia in una foto d'oggigiorno
Molto gravi furono invece le conseguenze della terza scossa, quella delle 8:51, più breve ma più intensa della seconda, che uccise qualcuno dei superstiti ritornato in paese per tentare il salvataggio di parenti rimasti chiusi nelle «Rocche» e recuperare indumenti e viveri.


« Paradossalmente i danni maggiori di Sanremo non derivano dal terremoto ma dal dopo terremoto. Lo Stato manda qui un altro Pinelli , il Generale Maurizio Gerbaix De SonnazGenerale Maurizio Gerbaix de Sonnaz, il quale impartisce ordini severissimi: sparare senza pietà su chi si avvicina alle macerie. Violentissime polemiche si hanno tra le autorità civili e religiose locali e i militari: le prime sostengono che si debba tentare il salvataggio di quanti sono rimasti vivi sotto le macerie, i secondi dichiarano di voler difendere gli abitati dallo sciacallaggio.
Mentre si sviluppano le discussioni , alcuni, nottetempo, riescono a trarre dalle macerie di Bussana, Bajardo e Diano Castello decine di persone ancora vive e sono regolarmente fatti segno a fucilate dei soldati impietosi. E' certo che altri restano, nei piani bassi delle case, sotto le volte non franate, e per giorni e giorni in attesa di un soccorso che non arriverà mai, ed è anche certo - deve essere gridato - che in tutta la liguria non si verifica un solo caso di quello sciacallaggio che temeva il Generale. Non sente ragioni il De Sonnaz, che non si perita di affermare: "Demoliremo questi infami tuguri" .
Ed inizia col distruggere la parte piu' antica della millenaria Pigna, compresa la Chiesa di San Costanzo già San Pietro.
Solo le proteste sempre piu' alte dei maggiorenti riescono a frenare l'ira iconoclasta, come scriverà un cronista dell'epoca, ma ormai il danno è fatto.
La Pigna del Vescovo Teodolfo, dei Saraceni, della prima cinta di mura, quella che aveva resistito a mille anni di storia ed alla furia vendicatrice di Agostino Pinelli, non c'è più. Qualche traccia si potrà recuperare , ove si voglia, sotto la terra portata per costruire i Giardini Regina Elena e che non sono l'orgoglio della città ».
(da "Breve Storia di Sanremo" di Giorgio Pistone)

La popolazione di Bussana visse allora per alcuni mesi sotto tende militari e per circa sei anni in baracche di legno costruite in una zona pianeggiante a sud-est del paese soffrendo patimenti e privazioni di ogni sorta.
Le tende e le baracche
Notevole e significativa fu inoltre la solidarietà dimostrata da enti e privati nei confronti dei Bussanesi colpiti dal terribile sisma, ai quali ben 187 persone ed enti inviarono tra il 23 febbraio e il 15 luglio 1887 indumenti, coperte e denaro. Tra essi spiccano Andrea Podestà, il generale Stefano Canzio, i Comuni di Genova, Torino, Sestri Ponente, Serravalle, Novi Ligure, Acqui Terme, Vigevano, Voghera e varie località molto distanti come Palermo e Alessandria d’Egitto, oltreché la Camera di Commercio di Londra.
Nei giorni immediatamente successivi il terremoto il prefetto di Porto Maurizio Bermondi si fece inoltre promotore della costituzione di un Comitato Provinciale per la raccolta di fondi e materiali per i paesi più colpiti, tra i quali fu inclusa anche Bussana, che ricevette un sussidio pari a 22.436 lire, mentre il bilancio complessivo delle vittime risultò infine, secondo i dati ufficiali della Commissione Reale, di 54 morti (ma forse furono due in più) e 29 feriti su una popolazione del paese prima del sisma di 820 abitanti.

Nei mesi successivi il governo concesse inoltre al Comune di Bussana 66.899 lire per il riattamento delle strade, 180.101 per la ricostruzione degli edifici comunali, 12.700 per opere pie, asili, ospedali, ricoveri ed ospizi e 83.000 per altri enti, quali chiese, oratori, case canoniche e confraternite.

Fin da primi giorni dopo il terremoto erano intanto sorti dei dubbi se fosse stato più conveniente riparare i danni e ricostruire tante case distrutte, o se fosse stato meglio abbandonare definitivamente quella vecchia sede e rifare ex novo l’intero paese.
Dopo vari sondaggi e accese discussioni prevalse il secondo divisamento e così le autorità governative imposero ai Bussanesi l’abbandono delle vecchie case e la costruzione delle nuove in un’area ben delimitata predisposta da un apposito piano regolatore, studiato nei dettagli dall’ingegnere genovese Salvatore Bruno, sul Capo Marine, a due chilometri di distanza verso il mare.

Panorama di Bussana NuovaSorse così, negli anni tra il 1891 e il 1894, Bussana Nuova, mentre il vecchio paese veniva definitivamente abbandonato.
Bussana nuova dall'altoNegli stessi anni in cui si poneva mano alla costruzione del nuovo paese, iniziò anche l’edificazione del Santuario del Sacro Cuore di Gesù, fortemente e tenacemente voluto dal parroco don Lombardi, che sarebbe stato solennemente inaugurato nel 1901.

Nei primi anni del Novecento il nuovo paese si avviò quindi lentamente alla normalità, mentre tante importanti opere pubbliche, come l’edificio scolastico e i marciapiedi lungo le strade, non erano ancora state portate a termine.


Dopo la fine della prima guerra mondiale, alla quale parteciparono numerosi Bussanesi che caddero sui campi di battaglia, si ripropose la questione dell’autonomia del paese e della sua possibile aggregazione a Taggia piuttosto che a Sanremo, e, alla fine, prevalse la seconda ipotesi e Bussana, in base alle disposizioni previste dal regio decreto n. 453 del 19 febbraio 1928, venne unita a Sanremo divenendo una frazione del Comune matuziano.

PanoramaDopo gli anni del regime fascista e l’annuncio dell’armistizio con gli Alleati, il paese divenne un attivo centro del movimento resistenziale sotto la guida dei professori e cugini Giovanni Battista e Nilo Calvini, che si avvalsero della preziosa collaborazione di numerosi esponenti antifascisti locali come Emilio e Mario Mascia, il dottor Giovanni Pigati, Bruno Luppi, l’avvocato Nino Bobba e Renato Negri, con i quali si svolsero diverse riunioni clandestine, soprattutto a Sanremo e a Bussana in un vecchio edificio disabitato denominato «Villa Chiara», dove furono assunte le più importanti decisioni in merito alla direzione e al coordinamento dell’attività dei gruppi partigiani nella zona bussanese.

Nel 1944 venne anche costituito il CLN di Bussana, che risultò composto dall’azionista Salvatore Alliotta il quale assunse le funzioni di presidente, dall’indipendente Alessandro Calvini, da Nilo Calvini in qualità di addetto militare, dal comunista Vittorio De Michele, dal democristiano Amedeo Podestà e dall’indipendente Paolo Rizzo. Tale comitato si sarebbe quindi insediato in Comune il 25 aprile 1945 assumendo la direzione amministrativa del paese, alla quale si sarebbe poi aggregato nel mese di settembre anche Giovanni Battista Calvini.

Nel secondo dopoguerra il paese riprese le sue tradizionali attività basate soprattutto sul settore floricolo e oleario, mentre Bussana Vecchia veniva occupata nei primi anni Cinquanta da un folto gruppo di immigrati calabresi, che furono però costretti ad andarsene in seguito all’intervento della forza pubblica, mentre il Comune provvedeva quindi a far saltare con la dinamite le volte delle case allo scopo di renderle inagibili per sempre.

Bussana Vecchia con gli artistiCirca dieci anni dopo il noto artista Clizia, dopo aver visionato l’antico paese, decise di stabilirsi nel borgo insieme ad una decina di altri artisti, che si diedero un proprio statuto fondando una vera e propria comunità, che negli anni seguenti si sarebbe ulteriormente ingrandita grazie all’arrivo di numerosi artisti provenienti anche dall’estero.

Intanto la piccola comunità acquisiva una sempre più ampia rinomanza, mentre l’occupazione dei ruderi provocava la reazione di numerosi Bussanesi, ai quali, dopo alcuni tentativi di sgombero, fu riconosciuta la precedenza d’intervento sulla parte alta del borgo, la più disastrata zona delle «Rocche», con il castello.

Bottega artigianaNel 1967 venne aperta la prima bottega nella quale era possibile acquistare direttamente le opere realizzate dall’artista, mentre il simultaneo arrivo di nuovi abitanti determinò il moltiplicarsi delle botteghe e della vendita dei prodotti artigianali ed artistici. Dopo la conquista delle comodità essenziali come l’acqua potabile, la fognatura e l’energia elettrica, nel 1982 il Comune di Sanremo indisse un concorso internazionale per dotare finalmente Bussana Vecchia di un piano urbanistico dettagliato e razionale che consentisse il suo pieno recupero.

Nonostante il paese attenda ancora oggi la realizzazione del piano risultato vincitore, l’antico paese è abitato tutto l’anno da una cinquantina di persone di varia nazionalità, che durante la stagione estiva salgono a duecento, le quali hanno ristrutturato un centinaio di case, dove sono state aperte una trentina di botteghe di esposizione di prodotti artistici della più varia natura quali opere di pittura e scultura, ceramiche, oggetti di bigiotteria, litografie e numerosi altri manufatti realizzati da validi artisti, che hanno contribuito a far rivivere una città morta in un’atmosfera suggestiva, nella quale sembra risorto lo spirito fattivo e intraprendente degli abitanti dell’antico borgo dalla storia ormai millenaria.

Vicolo con le botteghePurtroppo, malgrado l'impegno degli suoi abitanti, che hanno praticamente ricostruito il paese, la solita burocrazia si è impegnata ad infrangere il bel sogno.

Nel 1984 il Demanio dice che il borgo non è terra di nessuno, ma dello Stato, e fa sparire in un colpo ogni iscrizione catastale precedente.

Nel 1999 il ministro dei Beni culturali (c’era Giovanna Melandri) definisce “patrimonio storico indisponibile” il borgo. Come Pompei. Sembra l’addio a ogni tentativo di usucapione. Poi, nel 2017, piovono le richieste di indennizzo per gli anni passati. Una botta durissima.


Lo Stato batte cassa: chiesti i risarcimenti a chi ha occupato gli edifici ed il rischio è che le case siano messe comunque all’asta.

(fonti: testo di Andrea Gandolfo; immagini da archivio privato e da Web)

(ultimo paragrafo: Articolo Secolo XIX di Marco Menduini del 13 dicembre 2019)

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