Storia di San Romolo

Tra il VII e l’VIII secolo la zona dell’attuale San Romolo fu abitata dal vescovo genovese Romolo, futuro patrono della città.
La statua di San RomoloSan Romolo infatti, prima di essere eletto vescovo di Genova, visse per molti anni sui boschi circostanti la Villa Matutiana predicando il Vangelo e continuando proficuamente l'opera di conversione al cristianesimo della popolazione locale già avviata dai suoi predecessori. Pare che il santo si sia recato nella nostra zona per salvarsi dalle continue vessazioni che i Longobardi, di fede ariana, compivano ai danni dei seguaci del cattolicesimo, o forse anche per alleviare i gravosi incarichi che lo impegnavano a Genova trasferendosi in una località più isolata e tranquilla.
La grotta della "Bauma" di San Romolo
Appena giunto nella Villa Matutiana, Romolo scelse come sua residenza una grotta solitaria situata sulle falde del monte Bignone, poi chiamata Bauma, in perfetta sintonia con lo spirito di penitenza del tempo nel quale furono fondati, al pari del suo, numerosi eremi e monasteri in luoghi appartati e disabitati.


Tuttavia è probabile che nei pressi del luogo scelto dal santo come suo eremo esistesse già una struttura fortificata abitata, che si chiamasse allora "castellum de Cairasco", nome derivato forse da quello del ruscello situato proprio nei pressi della Bauma, detto "rian de Cairasca".

Tale fortificazione potrebbe anche corrispondere, o essere una ricostruzione pù recente, dell'antico "castellaro" preromano, che, come si è visto, era ubicato nella stessa zona.

Secondo un'attendibile ipotesi storica, San Romolo non avrebbe però scelto come sua dimora un posto completamente isolato, ma un luogo già sede di una comunità pastorale e agricola, le cui origini risalirebbero all'età romana. Durante la sua permanenza in terra matuziana, il santo svolse un'intensa attività predicatoria ed evangelizzatrice, recandosi sia nei centri della fascia costiera che nei piccoli villaggi dell'entroterra e compiendo numerosi miracoli.

La leggenda che presto si diffuse intorno a questo personaggio narra anche che San Romolo difese il villaggio abitato dai matuziani dall'attacco di predoni e pirati, forse gli stessi Saraceni, pregando con le braccia alzate o mettendoli addirittura in fuga con una spada brandita.
Anche dopo essere stato eletto vescovo di Genova, Romolo si recò più volte a visitare la Villa Matutiana, dove rimase ancora per molto tempo.
Nella stessa Bauma dove aveva trascorso tanti anni in preghiera e penitenza lo colse la morte il 13 ottobre di un anno imprecisato, collocabile tuttavia, non senza qualche incertezza, nella seconda metà dell'VII secolo o agli inizi dell'VIII.


La permanenza di San Romolo nel territorio matuziano assunse una particolare importanza per la vita religiosa e sociale degli abitanti del piccolo centro, che trassero dall'esempio di santità e rettitudine morale da lui offerto il coraggio necessario per superare le sofferenze e le umiliazioni derivanti dalle numerose incursioni che allora e nei secoli successivi dovettero subire da barbari e pirati. In particolare, la sua intercessione presso i più poveri e i più diseredati infuse nei matuziani nuova fiducia nel futuro e nelle loro qualità morali e religiose.

La cappella della "Bauma"Lo stesso luogo in cui morì, la celebre Bauma, dove molto tempo dopo sarebbe stata costruita una piccola cappella in seguito ad una serie di miracoli accaduti sul posto, divenne meta di numerosi pellegrinaggi da parte dei molti fedeli del santo, che arrivavano dalle più svariate località.
Dopo la sua beatificazione e canonizzazione, San Romolo, che era stato sepolto nella cripta della primitiva chiesa locale, la futura basilica di San Siro, accanto al corpo del beato Ormisda, venne proclamato all'unanimità protettore e patrono dei matuziani.
Fu allora che gradualmente il nome del santo andò a identificarsi, nelle scritture private e pubbliche oltreché nella parlata locale, con quello della stessa Villa Matutiana; questo toponimo, risalente all'età romana, avrebbe finito quindi col decadere, nell'uso scritto e orale, verso la fine del X secolo, per essere poi sostituito da quello di Castrum Sancti Romuli, corrispondente al relativo centro abitato sorto nel frattempo sulla sommità della Pigna.


Panorama del prato e della chiesaTra il IX e il X secolo molti abitanti della Villa Matutiana, per sottrarsi al rischio di incursioni e saccheggi da parte delle bande saracene, si rifugiarono sui monti circostanti il villaggio costiero e vi impiantarono nuovi centri abitati. Pare sia questa l'origine di vari paesi che allora sorsero nell'immediato entroterra matuziano, tra cui anche San Romolo.

Nel 1522 l’Eremo di San Romolo venne affidato alla cura spirituale dell’Ordine francescano. Nel Capitolo tenuto dai superiori dell'Ordine a Genova il 22 dicembre 1625 venne deciso che il monastero di Sanremo [n.d.r. di fianco alla Chiesa Santa Maria degli Angeli] sarebbe dovuto diventare sede provinciale del noviziato dei Riformati.

Appena informato di questa decisione, il Consiglio Comunale elevò formali e vibrate proteste contro l'estromissione degli Osservanti dal convento di Sanremo, alle quali si associarono nei giorni successivi anche quelle di parecchi cittadini, che minacciarono una vera e propria rivolta popolare nel caso si fosse data esecuzione a questo proposito. Vista la situazione, il padre Agostino da Genova dei Riformati chiese l'intervento del braccio secolare, che gli mise a disposizione una galea armata; scortato dai soldati genovesi, padre Agostino poté così entrare nel convento di Sanremo il 30 aprile 1626, dove fece cantare un Te Deum di ringraziamento.
Perduta la causa, i Minori Osservanti furono quindi costretti ad abbandonare il convento di Sanremo e anche l'Eremo di San Romolo, abitato peraltro in quell'anno soltanto da due frati, padre Angelo da Perinaldo e padre Paolo da Sanremo.

I Riformati si interessarono in particolare del convento dell'Eremo, dove ristrutturarono il locale edificio religioso, nonostante il fatto che la cittadinanza fosse piuttosto ostile nei loro confronti e nutrisse un profondo rimpianto per gli Osservanti.
Non trascorsero comunque molti anni che papa Innocenzo X promulgò una bolla con cui veniva stabilita l'espulsione dal convento di San Romolo dei Riformati, che, informati di questa decisione il 10 dicembre 1652, consegnarono però ufficialmente i locali del monastero e l'annessa chiesa al vicario del vescovo di Albenga soltanto nel 1654.
Quest'ultimo nominò suo rappresentante a Sanremo il reverendo Germano Bergiano, che il 4 ottobre 1654 si presentò davanti al convento dell'Eremo accompagnato dal notaio Sebastiano Sacheri.
Il monastero e la chiesa nel 1920Al rappresentante vescovile, il padre superiore dei Riformati Geronimo Palmaro consegnò quindi i locali del convento, oltre ad alcuni terreni situati nei pressi del monastero.
Il Comune reagì però immediatamente a questa cessione inviando sul posto il notaio-attuaro del Consiglio Giacomo Gaudo, che dichiarò nulla la consegna al reverendo Bergiano del convento e dei terreni da parte dei Riformati in quanto questi non erano i legittimi proprietari dei beni ceduti, che invece spettavano al Comune, di cui erano possedimenti demaniali.

Questo conflitto di competenze e autorità portò al risultato che negli anni successivi l'Eremo cadde in uno stato di completo abbandono, almeno fino all'elezione del nuovo vescovo di Albenga Francesco De Marini, che nel maggio 1656 si recò in visita a Sanremo proprio per intavolare con le autorità locali una serie di discussioni sulla destinazione del convento sanromolese, che dovettero probabilmente concludersi con il superamento delle principali divergenze sorte tra le istituzioni civili e quelle religiose in merito alla destinazione del monastero.

Nel corso del XVII secolo le condizioni del monastero e della Bauma di San Romolo si erano fatte sempre più critiche, tanto che sembrò opportuno affidarne la gestione ad un ordine religioso. Nel giugno 1658 un frate francescano degli Osservanti, padre Angelo da Rossiglione, si presentò al Consiglio Comunale dichiarandosi disposto a prendere possesso dell'Eremo, ma la proposta sfumò soprattutto per la ferma opposizione a questo progetto da parte dell'altra corrente dei Francescani presente a Sanremo, i Riformati, nettamente contrari al ritorno degli Osservanti all'Eremo.
Qualche anno dopo, nel maggio 1663, furono progettati dei lavori di ampliamento e ristrutturazione dell'Eremo, mentre il 22 maggio 1666 il Consiglio decise di stanziare la somma di 300 lire per fare eseguire una statua raffigurante San Romolo, eleggendo nello stesso tempo due massari con l'incarico di dare esecuzione alla delibera.

Il Comune volle dare a questo avvenimento una solennità eccezionale emanando una serie di minuziose disposizioni per la sua realizzazione il successivo 18 giugno.
Venne stabilito di inaugurare la statua la domenica successiva alla festa del Corpus Domini, nel corso della quale si sarebbe celebrata una messa cantata con benedizione della statua, mentre tutte le campane della chiese di Sanremo avrebbero suonato a festa e i cannoni situati nel Castello, sulla vetta della Pigna e nel Baluardo della Marina avrebbe sparato alcuni colpi a salve.

Alla fine di giugno del 1666 la statua di San Romolo destinata alla Bauma del santo giunse nel porto cittadino a bordo della nave del patrone Gio Antonio Martino alla presenza di una folla immensa e delle massime autorità civili e religiose. Pochi giorni dopo, in attesa di poter trasportare la statua benedetta all'Eremo, i massari della Bauma ottennero uno stanziamento di 100 lire per effettuare lavori di riparazione alla strada che conduceva a San Romolo, che vennero quindi realizzati nei mesi successivi per una spesa complessiva di 160 lire per 160 giornate di lavoro più altre 14 per le rifiniture. Il 12 settembre infine la statua del santo venne solennemente trasportata nella Bauma, dove il reverendo Gian Battista Grossi celebrò la prima messa davanti ad essa. Negli anni successivi però i locali del monastero e della annessa chiesa vennero gradualmente abbandonati, fino a quando, il 31 ottobre 1678, il Consiglio Comunale non decise di intervenire inviando a San Romolo dei preti secolari con l'incarico di riattivare i locali dell'Eremo, che erano ormai cadenti, e di dare nuova dignità a tutto il complesso ecclesiastico.

L'anno seguente si stanziarono finalmente nell'Eremo alcuni sacerdoti appartenenti al clero secolare, che iniziarono allora a svolgere nella Bauma una lodevole attività religiosa e pastorale, apprezzata, oltreché dalla popolazione, anche dalle autorità comunali, che decisero di premiare questa attività stanziando tra il 1689 e il 1693 consistenti finanziamenti per la riparazione e la manutenzione della chiesa e degli altri locali dell'Eremo sanromolese.

Tra il 1814 e il 1815 la zona di San Romolo fu oggetto di una serie di attacchi da parte di un gruppo di feroci lupi cervieri, che provocarono anche diverse vittime.
Nel 1832, su iniziativa del vescovo di Ventimiglia Giovanni Battista D’Albertis, fu riorganizzata l'Opera Pia San Romolo, già fondata agli inizi del Settecento per curare i diritti e i pochi beni spettanti alla Bauma e all'Eremo di San Romolo. Inizialmente il vescovo pensò di annettere semplicemente i locali dell'Eremo al seminario vescovile in forza della Bolla Pontificia emanata da Innocenzo X il 13 ottobre 1632, che devolveva ai vescovi i beni dei conventi; in seguito tuttavia monsignor D'Albertis, forse su consiglio di qualche suo collaboratore, rinunciò a questo progetto, proseguendo però con grande impegno nel suo intento di ristrutturare l'Opera Pia, che era da tempo inattiva.
Radunato il clero sanremese il 31 agosto 1832 nell'Oratorio di San Germano, il vescovo organizzò una consultazione tra i presenti al fine di nominare tre sacerdoti, che avrebbero dovuto compilare un nuovo Regolamento per l'Opera Pia di San Romolo. Vennero eletti il provicario foraneo Giacomo Margotti, il canonico Giacomo Carbone e don Antonio Massabò, che, sotto la direzione dell'intraprendente vescovo ventimigliese, già venti giorni dopo avevano completato la redazione del Regolamento.
Il testo del Regolamento venne infine approvato ufficialmente dal vescovo il 20 settembre 1832 con un decreto vescovile, con cui veniva anche nominato don Margotti presidente del sodalizio al fine di procedere velocemente all'applicazione delle norme contenute nel Regolamento, che sancì la definitiva riorganizzazione dell'Opera Pia San Romolo, destinata a svolgere ancora la sua benefica attività per oltre un secolo.

Nella notte del 15 novembre 1944, durante un improvviso rastrellamento operato dai tedeschi a San Romolo, cadde ucciso il partigiano sanremese Aldo Baggioli.

(fonte: testo Andrea Gandolfo "Storia di Sanremo", ed. Sanremo, Colombo, 2000; immagini archivio privato, Web)

Cartello stradale all'entrata del paeseSan Romolo è stato da tempo immemorabile meta di gite e vacanze dei Sanremaschi, tanto che le famiglie più in vista vi Famiglie in scampagnataedificarono ville dove trascorrere il periodo della villeggiatura.

La Bomboniera


Corsa in salita Sanremo - San Romolo

Corsa motoristicaNel periodo fra le due guerre venivano organizzate anche gare di velocità e regolarità per moto e auto, con partenza dal centro città e arrivo a San Romolo. Famosa è rimasta anche la gara ciclistica che si svolgeva sullo stesso percorso.



Il prato pieno di genteGruppo in scampagnataIl giorno della festa patronale, 13 ottobre, veniva aperta al pubblico la "Bauma " dove secondo la tradizione era vissuto e morto il santo.
In tale occasione i sanremesi si mobilitavano e organizzavano una tradizionale scampagnata sul prato di San Romolo. Per la maggior parte salivano a piedi, a frotte, passandosi la voce fra i conoscenti per fare la strada in compagnia, percorrendo la lunga strada mulattiera che parte dietro il santuario della Madonna della Costa e arriva fino alla destinazione.



Il prato di San Romolo con la funivia in altoIl prato con la funivia in altoDopo l'arrivo della funivia Sanremo-Monte Bignone, inaugurata nel 1936, anche quelli che non andavano perché non se la sentivano o non potevano camminare, poterono usufruirne per arrivare fino al prato di San Romolo per unirsi a quelli che erano già lì o addirittura prima di loro.

C'era anche il servizio di corriere che portavano a San Romolo e quelli che se lo potevano permettere usavano l'auto privata.
Tutti portavano piatti tradizionali e fiaschi di vino in ceste o fagotti e li consumavano in compagnia, seduti all'ombra dei castagni che circondavano il prato.


Servizio bar - ristoro(aneddoto personale) Il nonno dello scrivente, Giuseppe Carbonetto, che negli anni venti aveva un caffè-bar in cima a via Gioberti, verso i primi anni trenta gestiva un servizio bevande-ristoro in occasione della festività di San Romolo e fu il primo a portare, a dorso di mulo, una macchina per il caffè.



L'albero della cuccagnaGioco per adulti: corsa coi sacchiAl pomeriggio c'era sempre qualche gioco popolare che attirava molte persone, mentre alcuni volontari acevano un po' di musica con la chitarra, la fisarmonica e il mandolino e i più giovani ne approfittavano per fare quattro salti in allegria.

Al tramonto, sebbene a malincuore, tutti si avviavano verso casa, stanchi, ma felici per aver trascorso una giornata spensierata, lontani dalle preoccupazioni di tutti i giorni.



(fonte: testo di Sergio Carbonetto; immagini da Archivio privato)

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