Religioso e Ingegnere

Francesco Maria Gaudio

Nacque a Sanremo il 21 febbraio 1726 da Giovanni Battista e Maria Ferrandini, uno dei più grandi matematici della Liguria.

Compì i primi studi a Sanremo dimostrando una notevole capacità intuitiva e una straordinaria memoria. Non potendo proseguire nella sua città natale gli studi di matematica, disciplina nella quale si sentiva particolarmente versato, decise di buon grado di entrare nell’Ordine degli Scolopi che gli avrebbe consentito tra l’altro di proseguire gli studi presso le più prestigiose università e sotto la guida dei maestri più abili e qualificati.
All’età di vent’anni si trasferì a Roma allo scopo di perfezionarsi presso il Collegio Nazareno dove già studiavano altri suoi compatrioti avviati verso una chiara fama sotto la guida dei più illustri docenti, grazie anche all’utilizzo delle più sofisticate strumentazioni scientifiche allora disponibili.

In questo ambiente ricco di fermenti culturali e stimoli scientifici, il giovane sanremese ebbe presto modo di farsi notare per le sue spiccate doti nel campo della matematica e della fisica, pubblicando tra il 1756 e il 1760 quattro dissertazioni latine, dedicate rispettivamente alla forza e legge generale della natura, alla natura dell’estensione, all’altezza dell’atmosfera e alla propagazione rettilinea della luce.

Papa Benedetto XIV, informato delle straordinarie capacità del giovane matuziano, decise allora di affidargli l’insegnamento della matematica e della filosofia razionale nella cattedra universitaria del prestigioso ateneo della Sapienza, mentre il cardinale Casati lo nominava contemporaneamente matematico della “Congregazione del buon governo delle acque”, da cui il soprannome di «Archimede romano».
Questo incarico risultava in particolare estremamente complesso e delicato a causa delle notevoli difficoltà tecniche e scientifiche che emergevano dalla messa in sicurezza del letto del Tevere al fine di preservare l’ampio territorio circostante dal rischio di inondazioni del fiume. Gaudio dimostrò tutto il suo valore nella mansione affidatagli riuscendo a risolvere gravi problemi legati alla gestione dell’importante corso d’acqua, che venne così sistemato in modo efficace e sicuro per la popolazione residente lungo il suo percorso.
Il successo conseguito nella sistemazione del letto del Tevere gli accattivò anche le simpatie del papa in merito alla disputa relativa alle tesi da lui sostenute pubblicamente contro la filosofia aristotelica e l’astronomia tolemaica.

Intanto proseguiva alacremente la sua attività più propriamente scientifica, pubblicando tra il 1762 e il 1769 quattro opere in latino dedicate alle discipline matematiche che stava allora insegnando presso l’università capitolina. Nel 1774, mentre stava iniziando la stesura di un’opera in latino sui risultati appena conseguiti nella sistemazione del corso del Tevere a Roma, venne incaricato di dirigere i lavori necessari a contenere i danni derivanti dalle inondazioni del fiume presso la Fratta di Perugia, dove poté mettere in pratica la sua abilità nel campo della tecnica idraulica progettando innovativi sistemi di arginatura, sbarramento e deviazione dei canali, riuscendo così a risolvere gravi problemi che avevano scoraggiato numerosi suoi predecessori.
In questo periodo si distinse anche negli studi sulla «replezione e deplezione» dei laghi che facevano luce su un principio di idrostatica ancora oggi discusso tra gli scienziati.

Importanti risultati ottenne anche dallo studio sul rapporto tra la velocità e la disposizione dell’alveo di un fiume, mentre non esitò a prendere posizione anche su problemi locali confutando il parere di autorevoli studiosi tramite la pubblicazione di un «ristretto delle ragioni idrostatiche sopra le pretese della città di Ravenna».

Nel 1785 compì invece importanti studi sulla composizione dell’aria, seguendo peraltro la generale teoria chimica dell’epoca secondo la quale tutti i corpi combustibili ed ossidabili contenevano una sostanza eterea e imponderabile detta «flogisto», in modo tale che l’aria – in base alle convinzioni scientifiche del tempo – sarebbe stata composta da azoto e ossigeno. In questo campo il matematico sanremese non poté quindi far altro che seguire la teoria che, pur essendo errata, era allora universalmente accettata. La grande fama raggiunta in questi anni da Gaudio è confermata anche dall’incarico affidatogli da papa Pio VI e dal granduca Leopoldo di Toscana di stabilire i confini tra i due Stati da Montepulciano a Chiusi. Egli dimostrò allora una tale scrupolosità e precisione nell’espletare il compito assegnatogli che entrambi i sovrani si complimentarono pubblicamente con lui per l’ottimo lavoro svolto.

Dopo aver chiesto l’esonero dall’insegnamento universitario a causa dei suoi innumerevoli impegni, ottenne una lauta pensione e si recò successivamente a Genova, dove il governo della Serenissima gli assegnò un appartamento e un consistente stipendio affinché studiasse le correnti del porto di Genova.
Nel 1788 pubblicò allora un "Discorso sulla risacca", con il quale dimostrò che quest’ultimo fenomeno non rappresentava la causa dei danni al porto genovese.

L’anno prima era stato intanto chiamato a Sanremo per risolvere l’annosa questione dello scalo della sua città natale, il quale era stato oggetto, a partire dal 1770, di una serie di progetti miranti al suo ampliamento e rilancio anche sul piano commerciale.

La situazione era inoltre ulteriormente complicata dal fatto che, dopo il fallimento della rivoluzione del 1753, le autorità genovesi intendevano ostacolare il più possibile qualsiasi tentativo di rinascita del porto matuziano.

Dopo la presentazione di due progetti da parte degli ingegneri genovesi Policardi e Gustavo, entrambi bocciati rispettivamente nel 1770 e nel 1781, la soluzione per un nuovo porto cittadino sembrava ancora lontana quando, sia il governo genovese che le autorità locali, decisero di chiamare Gaudio, il quale era ben accetto, sia come sanremese intenzionato a garantire un futuro migliore alla sua città, sia come insigne studioso desideroso di applicare le proprie teorie sulle correnti marine, sugli effetti della risacca e sulla forza delle mareggiate.
Il progetto da lui predisposto, che prevedeva la costruzione di un nuovo molo verso ponente e il prolungamento del vecchio in modo da evitare il rischio di insabbiamento dello stesso da parte delle acque del torrente San Francesco, passò quindi dalla fase di studio a quella dei lavori senza difficoltà in quanto anche i più critici non osarono contestare la sua indiscussa competenza in materia.

Nel corso dei lavori insorsero però dei problemi in quanto, nella fase di costruzione del prolungamento del vecchio molo, l’orientamento di quest’ultimo assunse una direzione completamente diversa da quella progettata da Gaudio, che potrebbe aver cambiato idea forse suggestionato dai numerosi e contrastanti pareri che erano emersi nel corso dei lavori o, secondo altri, perché fu tradito dallo stesso governo genovese che impose il cambiamento di direzione alle maestranze incaricate dell’esecuzione del prolungamento.
L’unico risultato raggiunto fu che il nuovo porto presentò i medesimi problemi di quello vecchio in quanto soggetto al rischio di continui insabbiamenti e battuto da forti e pericolose raffiche di vento.

Il governo genovese addossò anzi la colpa dell’errore compiuto allo stesso Gaudio, in quanto i lavori previsti erano stati eseguiti rispettando scrupolosamente il progetto predisposto dall’ingegnere matuziano.

Le numerose critiche avanzate anche da molti sanremesi al suo operato afflissero molto lo scienziato già ammalato, che alla fine morì di crepacuore a Sanremo il 30 gennaio 1793.
Venne sepolto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli presso l’altare di San Giuseppe.

Lapide commemorativa a Santa Maria degli AngeliIl giureconsulto locale Bartolomeo Bruni scrisse allora una lunga iscrizione in latino alla sua memoria, collocata attualmente in fondo alla chiesa a destra della porta principale, nella quale vengono lodati virtù e dottrina dell’illustre scienziato. I suoi ultimi studi, rimasti inediti, andarono peraltro dispersi, ma il suo ingegno ebbe modo di brillare non solo nel campo dell’idraulica, delle scienze naturali e della matematica, ma anche in quelli dell’architettura, della pittura e della musica.

Fu però soltanto molti anni dopo la sua morte che le autorità comunali di Sanremo, ristabilita finalmente la verità sulla dolorosa vicenda del porto, gli intitolarono una strada del centro cittadino riconoscendone gli indiscussi meriti in campo scientifico e culturale.

(fonte: testo Andrea Gandolfo; immagine da archivio privato)

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