Storia di Poggio

Il borgo di Poggio, attuale frazione del Comune di Sanremo, è situato, all’altitudine di circa 160 metri sopra il livello del mare, in una posizione panoramica e molto soleggiata sviluppandosi su parte del territorio collinare a levante di Sanremo, sul versante dell’Armea, e a ponente di Capo Verde.

Poggio in foto del 1890Le prime notizie storiche relative all’esistenza di un primitivo nucleo abitato nella zona poggese risalgono al marzo del 979, quando il vescovo di Genova Teodolfo, persuaso forse dal notevole livello produttivo e quantitativo raggiunto dai suoi terreni situati nel territorio sanremese, decise di accettare una petizione di un gruppo di trentanove coloni locali, con la quale questi ultimi chiedevano al presule la concessione in enfiteusi di due mansi, ossia vasti appezzamenti di terreno coltivabile, situati nel comprensorio sanremese, di cui il primo, che comprendeva un’ampia porzione di terreno collinare e montano con terre, canneti, uliveti, saliceti, campi e pascoli ed ampia disponibilità di risorse idriche, si estendeva dalla cima di Monte Bignone a Capo Pino, ubicato nella parte sud-occidentale del territorio sanrenese, inglobando, tra le altre località, anche quella di Poggio, dove probabilmente doveva già esistere un primitivo nucleo abitato costituito da una piccola comunità di agricoltori e pastori.

La prima attestazione storicamente sicura relativa all’esistenza dell’abitato di Poggio risale comunque alla metà dell’XI secolo, quando il borgo faceva parte del grande feudo ponentino del vescovo di Genova, allora denominato Curia Sancti Romuli, i cui confini correvano a levante con il corso d’acqua dell’Armea, a ponente erano segnati dal Capo Pino, salendo poi lungo il crinale sino alla vetta del Monte Bignone, scendendo quindi al Passo Ghimbegna, risalendo al Monte Arpicella, seguendo successivamente la displuviale tra la Valle Argentina e quella Armea per rinchiudersi infine sul torrente che attraversa quest’ultima valle.
Il vescovo genovese possedeva inoltre altri terreni esterni ai suddetti confini e situati nel territorio di Taggia.
Nella curia così circoscritta erano inclusi i nuclei abitati di Sanremo (Sancti Romuli) e di Ceriana (Celiane), mentre i relativi distretti erano separati da distese montane di boschi e di prati che, per antica consuetudine, erano lasciati dal feudatario ad uso collettivo.
Anche a levante, verso il territorio di Bussana (Buzane), era situata un’area incolta costituita dal costone montuoso che dal Monte Bignone scende fino al mare tra i torrenti dell’Armea e di San Martino, e il cui culmine corrispondeva di fatto con l’attuale Monte Colma mentre il versante a mare si sviluppava nella parte centrale della valle da lungo tempo chiamata Val d’Olivi, forse riconducibile al nome di mons Vallis, che rappresentava la sua antica denominazione.

Poggio tra i due torrentiEd è proprio per il possesso di quest’altura, il monte de Valle, ossia il crinale compreso tra il Monte Bignone e Capo Verde, che si verificarono delle aspre controversie tra gli uomini di Sanremo e quelli di Ceriana nella prima metà del XII secolo, tanto da indurre i Cerianesi a rimettersi, ai primi del 1143, al giudizio dell’arcivescovo di Genova Siro II in occasione del solenne giuramento di fedeltà prestato dal popolo e dai consoli del borgo della Valle Armea al presule genovese. L’arcivescovo suddivise allora il monte contestato in tre parti, delle quali una, a nord, venne concessa in feudo alla comunità di Ceriana, la seconda, situata a sud-ovest, fu attribuita ai Sanremesi, tanto da rimanere per secoli tra le bandite della comunità matuziana, e la terza parte, che si estendeva a sud-est verso Bussana e il mare fu assegnata anch’essa ai Sanremesi con atto di locazione enfiteutica perpetua come è trascritto nel registrum Curiae sotto la data del 1° agosto 1154.

Quest’ultimo territorio coincideva esattamente con quella che sarebbe diventata la giurisdizione della comunità frazionale di Poggio, la cui ubicazione all’esterno dell’area di pertinenza sanremese è confermata dal toponimo di San Martino, situato a levante della città matuziana alla classica distanza di un miglio romano dal centro, dove la via Aurelia superava il torrente omonimo e dove sembra fosse esistito un oratorio dedicato a questo santo al quale era consueto affidare la protezione dei limiti di giurisdizione delle zone urbane.

Poggio in cartolina nel 1908Per quanto concerne invece lo stato di disponibilità economica del comprensorio traspare chiaramente come, nell’atto suddetto, non siano stati nominati né abitanti, né nuclei abitati e nemmeno la presenza di cappelle, mulini o altri impianti produttivi, oltre al particolare assai significativo che, tra i generi agricoli che gli abitanti del territorio poggese avrebbero dovuto versare alla Curia arcivescovile in qualità di tributi, non figuravano né l’olio né le olive. Da tali elementi si può quindi dedurre che, verso la metà del XII secolo, esistesse nella zona poggese soltanto una valle non ancora cementata da muri né invetrata di serre e non ancora ricoperta nemmeno da quella folta coltre argentea di ulivi, che continua anche se ormai impropriamente a darle il nome, ma doveva essere presumibilmente la sede di fioritura di una vasta macchia mediterranea, da cui, fin dal lontano 1154, si diffondeva intenso il profumo delle ginestre.

L’impegno dei giovani che si accingevano a compiere l’impresa della trasformazione coltiva della valle e del versante opposto che scendeva all’Armea, era dunque riassunto nella formula diplomatica di due parole con cui i consoli sanremesi se ne assumevano l’onere: colere et meliorare, ossia coltivare e migliorare, presupposto essenziale per la fondazione di un vero e proprio nucleo abitato. Dietro le parole convenzionali dell’atto ufficiale era quindi sotteso un progetto di colonizzazione del comprensorio poggese, dove, anche se può essere esclusa a priori, in base allo stato attuale della documentazione, l’esistenza in loco di un nucleo edificato più antico, è comunque certo che all’epoca della stipulazione dell’atto di fondazione del borgo, la zona era sicuramente spopolata e abbandonata dopo le distruttive incursioni saracene del X secolo.

Vista panoramica laterale su PoggioIn base agli elementi succitati si può quindi datare al 1154 circa la fondazione, o la rifondazione, della villa "Podii Sancti Romuli" da parte della comunità di Sanremo, che aveva intessuto con Poggio stretti legami giuridici e amministrativi a partire dalla filiazione della locale chiesa di Santa Margherita quale rettoria dipendente dalla matrice sanremese di San Siro.

Dallo stato della situazione nei secoli del Basso Medioevo emerge inoltre una profonda analogia tra Poggio e il borgo quasi simmetrico della Colla (l’odierna Coldirodi), che non si limita all’evidenza delle corrispondenze topologiche, ma è attestata dall’equiparazione tra le terre a ponente del fossato della Foce, dove è situata la Colla, e quelle a levante del fossato della Val d’Olivi, dove è ubicato il centro di Poggio, negli atti di cessione del feudo sanremese dall’arcivescovo di Genova ai Doria e ai De Mari, e da questi alla Repubblica, con uguali obblighi dei coloni verso i feudatari. Tali obblighi consistevano in particolare nel tributo di un quattordicesimo delle biade (grano, orzo, fave), e di un ottavo del vino, che erano oltretutto assai favorevoli se confrontati con quelli di altre concessioni enfiteutiche nella stessa Sanremo.

La fondazione di Poggio si può anche ricollegare ad un organico programma di sviluppo agricolo, che includesse pure la formazione di nuovi borghi, attuato verso la metà del XII secolo, connesso con ogni probabilità ad un consistente incremento demografico e senza dubbio legato a nuovi equilibri di natura più strettamente economica favoriti dallo sviluppo mercantile e marittimo della città matuziana secondo uno spirito di rinnovato slancio commerciale che avrebbe caratterizzato gli sviluppi futuri dell’economia locale.

La nascita del borgo poggese pose peraltro gravi problemi di coesistenza pacifica con le comunità limitrofe, come quella di Bussana, tanto che dovette alla fine intervenire l’arcivescovo di Genova Ugo, che, tenendo corte a Sanremo nel dicembre del 1164, confermò i propri diritti di feudatario su tutto il territorio che si estendeva dall’Armea a Sanremo, cioè dall’Armea a San Martino, stigmatizzando nello stesso tempo le pretese e le proteste avanzate dagli uomini di Bussana, colpevoli di aver reagito al fatto che una nuova comunità venisse a gravitare sulla bassa valle Armea e sulla braida ortiva in cui i Bussanesi avevano poderi anche a ponente di quella che era ormai diventata la riva poggese del torrente.

Tra le case del centro del paeseRispetto alla struttura morfologica del territorio la collocazione del nuovo borgo appariva in una posizione particolarmente favorevole, situata in un poggio naturale ubicato in alto, ma coperto ad una vista dal mare e quindi in buone condizioni difensive da eventuali aggressioni marittime. Il paese era inoltre in grado di controllare - e tale condizione non avrebbe tardato a produrre effetti benefici nei secoli successivi caratterizzati da numerose guerre e micidiali pestilenze - la strada che collegava i due centri maggiori del comprensorio e che continuava a monte in direzione di Baiardo e Castelfranco.


Le prime casupole che furono costruite arroccate sul poggio, per quanto piuttosto rudimentali, dovettero comunque già essere caratterizzate da una qualche articolazione di spazi, tra quelli destinati ad un abitare assai modesto e quelli d’uso rustico come stalle, fienili e cantine.

È però molto improbabile che sotto le successive sedimentazioni edilizie rimanga qualche resto di quelle primitive abitazioni, in quanto soltanto qualche secolo dopo modalità costruttive più evolute avrebbero garantito a case così povere qualche probabilità di durata.
Vista dall'alto con Google EarthNell’impianto planimetrico generale del paese attuale è possibile tuttavia leggere ancor oggi la base morfologica del primitivo insediamento, matrice dei successivi accrescimenti, tanto da essere tuttora riconoscibile una razionalità pianificatoria intenzionale, particolarmente interessante nel XII secolo, che sarebbe stata ripresa nelle numerose fondazioni di nuovi centri urbani nel corso del secolo successivo.

Anche la parrocchiale attuale conserva l’orientamento da ponente a levante della chiesa primitiva, al pari dell’accesso da una piazza-sagrato che nella parte settentrionale si espandeva verso il cimitero, dove la strada per Ceriana piegava in modo brusco verso monte. Da questo punto cruciale la struttura del paese si è articolata con un duplice andamento: a monte la contrada Castello allinea le sue case lungo vicoli paralleli alla strada principale, mentre a valle, lungo i lati della chiesa, due carruggi rettilinei delimitano altrettante contrade chiuse con le case saldate al centro in doppia schiera, muro contro muro, formando all’esterno un fronte continuo che risulta affacciato sulle vigne sottostanti ed è stato serrato secondo una chiara intenzione di natura difensiva.

Sin dalla sua fondazione il borgo dovette essere stato comunque fortemente condizionato da una serie di suggestioni culturali e religiose, come si può evincere dalla struttura urbana delle contrade «sotto-chiesa» contrassegnate da alcuni riferimenti simbolici che, in un feudo ecclesiastico, rappresentavano un’autorità terrena, oltreché garanti di un senso trascendente dell’esistenza, documentato dalla morte vissuta come evento quotidiano espressa nel sagrato al centro del paese unito senza soluzione di continuità con il cimitero, dalle solidarietà sociali delle parentele riunite negli ambienti chiusi delle contrade, dalle risorse delle terre coltive raggiungibili attraverso i margini edificati con archivolti in discesa e dalle minacce esterne affrontate dalla guarnigione permanente degli abitanti nelle case affiancate nel tratto della cinta muraria compresa tra le torri e i bastioni.

Il mutamento politico che si era compiuto alla metà del XIV secolo con la cessione del territorio dell’antica curia sanremese alla Repubblica di Genova non aveva costituito soltanto un cambiamento di feudatario, ma la conclusione di un lungo e contrastato processo di emancipazione, che non può essere disgiunto da una fase di notevole e impetuosa crescita di natura economica.

Gli accordi del 1358 comprendevano infatti da parte delle comunità di Sanremo e di Ceriana dei pagamenti in denaro che sancivano anche sotto l’aspetto formale il riscatto dalle pesanti contribuzioni feudali. Gli uomini di Poggio, che sicuramente avevano contribuito per la loro parte alla stipulazione dei patti, dovettero aver ottenuto in quell’occasione almeno un primo riconoscimento della tanto agognata indipendenza del loro borgo. La contemporanea crescita della struttura urbana del paese conobbe un periodo di espansione conclusasi, forse intorno alla fine del XV secolo, con l’ampliamento della chiesa parrocchiale di Santa Margherita.

Intanto gli abitanti di Poggio, anche per la loro lontananza da Sanremo e per le difficoltà da loro incontrate nel fruire dei vantaggi spirituali della parrocchiale matuziana di San Siro, avevano chiesto nel 1452 al vescovo di Albenga (dal quale dipendeva allora il territorio sanremese) l’autorizzazione a staccare la loro chiesa succursale di Santa Margherita da quella di San Siro.
Il 9 novembre dello stesso anno, ricevuto il consenso alla scissione da parte del preposito di San Siro, la chiesa di Santa Margherita fu elevata a dignità parrocchiale, ottenendo nello stesso tempo l’assegnazione delle decime versate dagli abitanti di Poggio, con l’obbligo per i consoli della frazione di pagare, a titolo di ricognizione, sette fiorini all’ex chiesa madre, mentre la chiesa poggese, che fu ampliata e rifatta in occasione della sua elevazione a parrocchia, sarebbe stata solennemente consacrata il 12 ottobre 1488 dal vescovo di Albenga Leonardo Marchese. Frattanto la popolazione di Poggio, che contava nel 1511 circa 400-450 anime (112 famiglie), era salita nel 1664 a 726 abitanti (194 famiglie), per attestarsi infine nel XVIII secolo intorno ai 900 abitanti.

Prodotti agricoli

Le campagne circostanti l’abitato poggese producevano notevoli quantità di olio di oliva, vino, fichi e mandorle, mentre erano coltivati anche palme, limoni e ortaggi.
Una discreta esportazione di olio, limoni, palme e vino alimentava modeste attività commerciali con Sanremo, ma l’economia rimaneva ancora limitata ad un ambito strettamente locale.


Il successivo sviluppo dell’abitato nel corso del XVI secolo portò alla costruzione di un nucleo di case nella parte bassa dell’insellatura, lungo la strada che conduceva a Sanremo. Verso la metà del Cinquecento il borgo era stato intanto investito dalla minaccia dei pirati barbareschi, che nel 1561 approdarono sull’arenile di San Martino, ma furono messi in fuga dalle palle della bombarda esistente nel castello della città matuziana. L’efficacia dell’azione difensiva indusse poi le autorità sanremesi a comperare altre due bombarde, che furono piazzate a Capo Nero e a Capo Verde, ma anche la popolazione di Poggio chiese di poter disporre di una protezione più adeguata in vista di possibili assalti da parte dei corsari algerini. Mentre i rappresentanti della Villa inoltravano la richiesta di chiudere tutte le aperture esistenti nella schiera continua delle case che delimitavano il perimetro esterno del borgo, ad eccezione di alcune porte costantemente vigilate, gli abitanti del gruppo di case sottostanti il paese in località Poxetto, tutte appartenenti a famiglie dei Moraglia, chiesero l’autorizzazione ad erigere una torre contro gli «infedeli».

La torre cittadinaIl 31 agosto 1561 fu quindi stipulato l’atto di cessione del terreno e la torre venne poi completata l’anno seguente, dopoché difficoltà di natura finanziaria avevano obbligato i promotori dell’opera a richiedere l’intervento delle autorità genovesi. Anche i lavori destinati al consolidamento e completamento della cinta muraria furono portati a termine grazie all’aiuto della Repubblica e dopo l’esazione di una tassa a carico della popolazione, con profonda soddisfazione degli abitanti, che avevano peraltro già subito alcune imboscate e rapimenti da parte dei corsari.
Malgrado questi ultimi avessero continuato imperterriti a compiere incursioni e razzie sulla costa della Liguria occidentale, le cronache dell’epoca non citano più la Villa Podii tra le località attaccate dai Barbareschi.

Nei decenni successivi si accentuò la dipendenza di Poggio dal capoluogo, come è attestato dalla decisione assunta dal Parlamento di Sanremo nel 1595, in seguito all’invalidazione dell’elezione dei consoli della Colla, in base alla quale fu decretato che non sarebbe stata più consentita l’elezione dei consoli delle ville di Colla e Poggio dagli abitanti delle due frazioni sanremesi senza l’intervento del podestà e dei priori della comunità matuziana.
Tale decisione, che ribadiva in modo inequivocabile la dipendenza delle due ville dal capoluogo, rientrava in un complesso di norme amministrative tese a migliorare e razionalizzare il funzionamento del governo sanremese, tanto che poco tempo dopo veniva stabilito pure che non si poteva proporre una pratica al Parlamento prima che questa non fosse sottoposta all’attenzione del Consiglio.

Nel corso dell’età moderna si affermò inoltre l’usanza di tenere le elezioni dei consoli locali alla presenza del podestà di Sanremo in occasione della festa patronale di Santa Margherita il 20 luglio, mentre la popolazione poggese beneficiava delle attività caritative svolte dalle compagnie d’altare erette sugli altari della parrocchiale, nelle quali militavano pure molti abitanti del borgo, tra i quali figuravano anche numerosi preti originari di famiglie di Poggio che, grazie al favorevole andamento delle attività commerciali, godevano di una discreta agiatezza economica. 

Guerra tra Genova e SavoiaDurante la successiva guerra tra Genova e i Savoia, scoppiata nel 1625, anche l’abitato di Poggio venne coinvolto, sebbene indirettamente, nel conflitto, tanto che il 3 agosto del ’25 le autorità sanremesi, temendo un attacco dei Francesi via mare, imposero ai Poggesi e ai Collantini di ritirarsi entro le mura del borgo durante le ore notturne portandosi dietro le vettovaglie, con la sola esclusione degli addetti ai mulini e dei contadini che irrigavano i campi per evitare soprattutto che venissero abbandonate le coltivazioni degli agrumi.

Dopo alterne vicende, il paese tornò a partecipare attivamente alle vicende storiche sanremesi in occasione della rivoluzione del 1753, quando, insieme a Verezzo, la frazione matuziana si schierò apertamente contro la Repubblica.
La ferma reazione delle autorità genovesi non si fece attendere e il generale Pinelli punì severamente il paese ribelle con la confisca del bestiame e il pagamento di una somma di denaro pari a 1591 lire, ottenuta con la forza dai 768 abitanti. Nei giorni della rivolta la popolazione, incoraggiata da quattro uomini giunti appositamente da Sanremo, si era opposta all’avanzata dei granatieri diretti ad occupare Ceriana.
Dopo la durissima repressione attuata dalle truppe genovesi, la risposta dei Poggesi, al pari degli abitanti di Verezzo, fu la resistenza passiva, tanto che quando, nel 1755, dopo molte difficoltà, venne eletto uno dei consoli, questi si recò subito presso i compagni fuorusciti che si erano rifugiati a Perinaldo, subendo quindi l’arresto da parte della polizia genovese al suo rientro a Poggio.

Dopo la nascita della Repubblica Ligure nel 1797, la nuova Municipalità di Sanremo decise quindi di sostituire i due consoli, ai quali era affidata l’amministrazione di Poggio e Verezzo, con due ispettori, mentre il paese entrava a far parte prima del Distretto delle Palme e poi della Giurisdizione degli Ulivi con capoluogo Sanremo.

Panorama generaleNel 1805 il borgo fu annesso insieme al resto della Liguria all’Impero francese sotto l’amministrazione del Dipartimento delle Alpi Marittime con Nizza come capoluogo, passando, alla caduta di Napoleone e dopo le deliberazioni del Congresso di Vienna, sotto la giurisdizione del Regno di Sardegna, che aveva inglobato il territorio della decaduta Repubblica di Genova.

Una quindicina di anni dopo, nel 1831, Poggio, unitamente a numerose altre località del circondario matuziano tra cui la stessa Sanremo, si staccò dalla Diocesi di Albenga per entrare in quella di Ventimiglia in esecuzione della bolla pontificia emanata da papa Gregorio XVI il 20 giugno di quell’anno.
Ai primi di settembre del 1837 il paese venne colpito da una terribile epidemia di colera, che, dopo aver mietuto molte vittime a Sanremo, si era gradualmente spostata verso la frazione sanremese, dove avrebbe colpito numerosi abitanti del borgo.

Tra il 1844 e il 1878 il sindaco di Sanremo conte Stefano Roverizio di Roccasterone si fece quindi promotore di svariate importanti opere pubbliche, tra cui alcune riguardarono anche Poggio, dove venne sistemata la carrozzabile che dal paese conduce al Santuario della Madonna della Guardia.
Nel 1855 il neosindaco Antonio Bottini aveva nel frattempo fatto aprire la strada per Poggio, che sarebbe stata poi continuata fino a Ceriana.
Nel 1860, inseguito alla cessione del Nizzardo alla Francia, Poggio, sempre in qualità di frazione di Sanremo, entrò a far parte della nuova provincia di Porto Maurizio.

Campo di garofaniNella seconda metà dell’Ottocento cominciò inoltre a diffondersi nel territorio poggese la floricoltura, che annoverò tra i suoi pionieri il medico Costanzo Aicardi, che fondò la prima azienda floricola del paese lungo la salita che porta al paese. Sotto l’amministrazione del sindaco Bartolomeo Asquasciati venne poi realizzata tra il 1878 e il 1879 la condotta dell’acqua, mentre, nel corso dei lavori di costruzione del nuovo acquedotto matuziano da parte dell’impresa Marsaglia, venne realizzato, intorno al 1884, un grande serbatoio per la raccolta dell’acqua nei pressi dell’abitato.

Il successivo terremoto del febbraio 1887 causò soltanto lievi danni ad alcuni edifici senza provocare fortunatamente vittime, a parte il tetto della parrocchiale che rovinò completamente per le conseguenze del sisma.

Mercato dei fiori all'aperto 1922

Dopo gli anni della prima guerra mondiale, durante la quale caddero al fronte vari militari di origine poggese, l’economia locale, basata ormai in gran parte sulle attività floricole, trasse notevole beneficio dall’apertura, nel settembre del 1922, del nuovo mercato dei fiori di Sanremo, dove i floricoltori poggesi poterono più facilmente commercializzare i loro prodotti rispetto a quanto potevano fare presso il mercato di Ospedaletti, che fino ad allora era l’unico funzionante nel comprensorio matuziano.

Nel corso del successivo periodo del regime fascista fu realizzato il nuovo edificio scolastico del paese, mentre le attività economiche continuarono ad espandersi fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando il paese dovette affrontare prima il breve conflitto con la Francia nel giugno del 1940 e poi, a partire dal settembre 1943, le conseguenze della guerra tra Tedeschi e partigiani, che investì direttamente il territorio poggese.
Una delle più importanti azioni compiute dalle forze partigiane si verificò il 26 agosto del 1944, quando una squadra del secondo distaccamento della IV Brigata «Elsio Guarrini», approfittando della sosta di un camion tedesco nella piazza del paese, sparò una raffica di mitra sul carico dell’automezzo, costituito da quindici fusti di benzina, appiccandovi il fuoco, mentre ai primi del settembre successivo venne istituita in paese una Squadra di Azione Patriottica (SAP), che avrebbe collaborato attivamente alla guerra di Liberazione.

Ai primi di novembre del ’44 venne quindi costituito il CLN di Poggio, formato dal comunista Ernesto Boiolo, in qualità di presidente, e dagli indipendenti Nino Ghersi, Antonio Mancini e dal socialista Emilio Moraglia nelle vesti di membri del Comitato.
L’episodio più triste dell’intero periodo resistenziale avvenne tuttavia il 24 novembre 1944, quando i nazifascisti, dopo aver effettuato un massiccio rastrellamento in paese, fucilarono per rappresaglia dieci civili, ai quali sarebbe seguita, il 22 aprile del ’45, la fucilazione del milanese Gualtiero Zanderighi; i nomi di tali caduti sono oggi ricordati in una lapide commemorativa situata in Piazza dei Martiri.

Casa Serena

Dopo la fine della guerra il paese visse un periodo di sviluppo delle sue attività sociali ed economiche, con rinnovata attenzione da parte delle autorità comunali sanremesi, che promossero la costruzione delle nuove scuole di Poggio, inaugurate nel dicembre del 1949, e l’edificazione di «Casa Serena», una moderna struttura situata sulla collina del borgo, destinata ad accogliere i pensionati dell’Inps e ufficialmente inaugurata nell’aprile del 1969 alla presenza del sindaco di Sanremo Francesco Viale.



Attualmente la principale risorsa economica di Poggio è costituita dalla floricoltura con numerose coltivazioni in pien’aria e soprattutto in serra che circondano l’abitato, dove hanno ormai quasi completamente sostituito le antiche piantagioni di palme e gli uliveti, che sopravvivono ancora, sebbene ridotte, lungo la strada per Ceriana e per il Santuario della Madonna della Guardia.
Sono inoltre ancora presenti alcuni vigneti, dai quali si ricava il rinomato «bianco» di Poggio, un vino Vermentino di antica tradizione ottenuto da un vitigno di origine iberica presente nell’area compresa tra Bussana e Dolceacqua a partire dal XV secolo con massima diffusione fino al XVIII secolo, ma che oggi è assai difficile reperire in commercio tanto che lo si può degustare soltanto presso i produttori o in qualche ristorante della zona, considerato il fatto che la modesta produzione delle vigne di Poggio è destinata prevalentemente all’uso familiare.

(fonti: testo di Andrea Gandolfo; immagini archivio personale e Web)

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