Un avvocato sanremese tra impegno forense e battaglie politiche nell’Italia liberale

Avvocato Orazio RaimondoOrazio Raimondo nacque a Sanremo il 5 giugno 1875 dal noto avvocato, originario di Rocchetta Nervina, Stefano, e da Luigia Corradi, nipote del presidente della Camera Giuseppe Biancheri, protagonista della scena politica postunitaria.

La famiglia paterna e materna furono drammaticamente colpite dal suicidio di Giuseppe Corradi, banchiere e membro della Camera di Commercio di Porto Maurizio, coinvolto nel crack della Banca depositi e sconti del 1887, e poi, nel 1896, dal ritiro dalla vita pubblica di Secondo Biancheri, per via di un contributo versatogli dall’Ordine mauriziano, di cui il fratello Giuseppe era un alto funzionario.

Dopo aver terminato a soli sei anni le scuole elementari, Orazio Raimondo, a quattordici, si diplomava al Liceo Classico “Gian Domenico Cassini”, e a diciotto, nel 1893, si laureava in giurisprudenza all’Università di Genova.

Nello stesso anno i socialisti sanremesi costituivano ufficialmente la sezione cittadina del Partito socialista dei lavoratori italiani (Psli), che si sarebbe unita all’ondata di proteste per la repressione di Francesco Crispi dei fasci siciliani. Negli anni in cui frequentava ancora l’ateneo genovese, Raimondo aderì con entusiasmo al nascente movimento socialista, convinto in particolare dalla fervente predicazione di Filippo Turati.

Tornato a Sanremo per intraprendere la professione forense, entrò nella redazione del giornale "Il Pensiero di Sanremo", a cui collaboravano vari esponenti socialisti sanremesi come Augusto Mombello, Giovanni Battista Rubino e Francesco Rossi, e da cui sarebbe uscito alla fine del 1893, insieme a un gruppo di altri “dissidenti”, tra cui Mombello, Rubino e Rossi, per fondare il nuovo giornale "La parola dei socialisti sanremesi", che avrebbe iniziato le pubblicazioni nel maggio 1896.

Il 10 novembre 1893, intanto, Raimondo veniva fermato dalla polizia, e quindi processato insieme ad altri dodici “sovversivi”, tra cui Mombello e gli anarchici Luigi Galleani ed Eugenio Pellaco, con l’accusa di aver aderito alla Lega socialista, affiliata al Partito dei lavoratori italiani. Grazie anche alla sua giovane età, venne condannato soltanto ad alcuni mesi di domicilio coatto a Tortona, dove avrebbe fondato il foglio "Il lavoratore tortonese".

Nel 1894 partecipò come delegato al Congresso socialista ligure a Sampierdarena e nel dicembre 1895 sarebbe stato nuovamente denunciato alla commissione provinciale speciale di Porto Maurizio per propaganda sediziosa, ma, sempre grazie alla minore età, avrebbe evitato la condanna al domicilio coatto proposta dalla pubblica accusa.
Nel novembre 1896 subentrò quindi a Mombello come redattore del foglio "La parola dei socialisti sanremesi".

L'avvocato sulla Passeggiata ImperatriceDopo aver tentato invano di conquistare il collegio elettorale di Giuseppe Biancheri alle consultazioni politiche del marzo 1897 attraverso la candidatura dell’avvocato Giacomo Cassini, suo collega e amico, l’anno successivo si candidò alle elezioni comunali di Sanremo, venendo eletto consigliere di minoranza, e poi assessore nella giunta guidata da Mombello, vincitore delle consultazioni del maggio 1902.

L’8 dicembre 1900 era stato intanto iniziato alla massoneria presso la loggia “Giuseppe Mazzini” di Sanremo, fondata da Giovanni Bernardo Calvino (nonno di Italo) e dal pastore valdese Ugo Janni, cui aderivano radicali, socialisti e liberali democratici.

Il 3 febbraio 1905 sarebbe diventato maestro venerabile, mentre, dopo la vittoria dei socialisti alle elezioni amministrative del luglio 1906, nello stesso mese succedeva a Mombello come nuovo sindaco di Sanremo.

La nuova amministrazione proseguì tutte le opere che erano state messe in cantiere dalla precedente amministrazione Mombello, ma questo non gl'impedì di esercitare la sua professione forense.
Nel 1908 avrebbe infatti sostenuto la difesa dell’avvocato socialista Francesco Rossi, ex sindaco di Bordighera, accusato di peculato.

Nel Giugno 1908 il sindaco Orazio Raimondo si dimise spianando così la strada a nuove elezioni amministrative che, svoltesi nel 1908, furono vinte dal partito costituzionale di Alfredo Natta Soleri; la sconfitta elettorale fu in parte determinata dalle accuse mosse alla precedente amministrazione di aver dilapidato il pubblico erario.

Saldo nelle proprie idee di socialista alle Elezioni politiche italiane del 1913 venne eletto deputato del Regno d'Italia.

Nel 1913 assunse la difesa dell’assessore socialista di Savona Giuseppe Garibaldi, nel processo per diffamazione intentato contro il foglio "Battaglie sindacali", che lo aveva accusato di essere tenutario di alcune case chiuse.

Nel 1914, dopo il congresso di Ancona, lasciò il Partito socialista italiano.

L'episodio che gli diede una notevole fama, come avvocato penalista, ricordato per la sua oratoria, fu, nel 1914, la difesa della nobildonna Maria Elena Tiepolo Oggioni davanti alla Corte d’Assise di Oneglia, che, alla fine, grazie anche alla sua appassionata difesa, l’avrebbe assolta dall’accusa di omicidio, per legittima difesa.
L'evento, che riportiamo più sotto in dettaglio, ebbe grande risonanza all'epoca.

Il 12 gennaio 1918 fu chiamato a fare parte della commissione d'inchiesta creata per indagare sulle cause della sconfitta di Caporetto.

Lavorò per la creazione del primo Ente che si sarebbe occupato esclusivamente di floricoltura industriale, a cui donò un cospicuo lascito, del quale non vide mai la nascita, avvenuta il 25 gennaio 1925 con Regio Decreto.

Il palazzo di corso MombelloAnche a questo decreto si deve la fama di Sanremo come città dei fiori.

Ormai malato e in declino, l’11 dicembre 1919 si recò ancora a Palermo per difendere l’avvocato Salvatore Andò in un processo contro Antonio Alfano, ma senza più particolare entusiasmo.
Tornato a Sanremo per assistervi la madre, morì improvvisamente nella sua casa di corso Umberto I (l’attuale corso Mombello), la mattina dell’11 gennaio 1920, per il riacutizzarsi di una grave nefrite.

Dopo la sua morte il fratello Riccardo tentò di raccoglierne l’eredità politica, ma, presentatosi alle elezioni del 1921 nelle liste dei Blocchi nazionali, non sarebbe stato eletto, finendo addirittura con l’essere arrestato e condannato, nel 1925, per appropriazione indebita dei fondi dell’ex Sindacato socialista dei marittimi.

L’affare della Contessa Maria Tiepolo

Sanremo, esattamente l'8 novembre 1913 è stata teatro di di un drammatico omicidio: la contessa Maria Tiepolo, moglie del capitano Carlo Ferruccio Oggioni, uccise l'attendente del marito, il bersagliere Quintilio Polimanti.
Per qualche giorno l'Italia si distoglie da altri pensieri per concentrarsi sulla contessa, che i giornali definiscono subito «bellissima», mentre descrivono il Polimanti come «bel giovane, alto, capelli biondi e ricciuti».

Il fatto avviene al primo piano di un palazzo di Corso Umberto 2.

La contessa conduceva a Sanremo una vita più che decorosa, il marito comandava un reggimento e aveva un suo attendente, e lei godeva di un’esistenza agiata con tanto di cameriera personale. Forse annoiata, iniziò un po’ per gioco un po' per scherzo una romantica quanto inesistente storia d’amore con l’attendente del marito, favorendo un’intimità eccessiva e sognando una relazione che poi forse realmente non desiderava.
Seduta durante il processo alla nobildonnaNon così il giovane soldato che abbagliato da tanta meraviglia si lasciò coinvolgere oltre il dovuto, scrisse lettere ardenti, si vantò coi commilitoni e finì pare per compiere avances ardite e inopportune nei confronti della sua padrona, che in effetti gli concedeva un’eccessiva libertà.

Per difendersi da questi maldestri tentativi di seduzione la contessa un giorno prese un’arma e sparò, alla cieca, sfortunatamente freddandolo sul colpo.
La condotta frivola tenuta dall’imputata non le giovò di certo al processo, dove parecchie incongruenze la misero in cattiva luce, in favore della memoria del giovane ed inesperto soldato, vittima di qualcosa molto più grande di lui.

La Contessa fu difesa, con una memorabile arringa, da Orazio Raimondo che riuscì a farla assolvere da ogni tipo di reato.

Leonardo Sciascia scrisse un libro " 1912+1" in cui mirabilmente rievocò questo episodio che all'epoca fece tanto scalpore nelle cronache nazionali ed anche europee....

(fonti: testo tratto da note di Andrea Gandolfo; altre provenienti da giornali d'epoca; immagini da Archivio personale e WEB)

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